Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge è volta a introdurre misure che permettano di fare fronte alla rilevante mole di fascicoli processuali pendenti, riguardanti reati per i quali può essere in concreto irrogabile una pena rientrante nei limiti previsti dalla legge 31 luglio 2006, n. 241, recante la concessione di indulto. Si tratta di un volume enorme di affari giudiziari non conclusi con sentenza definitiva, in fase di indagini o in attesa di definizione dopo il decreto che dispone il giudizio, la cui trattazione appesantisce l'attività giudiziaria concernendo procedimenti penali di cui già si conosce il prevedibile esito rappresentato, in caso di colpevolezza, da una condanna ad una pena che non potrà essere eseguita. Questo inconveniente è stato lamentato come gravissimo dalla magistratura associata e dal Consiglio superiore della magistratura, che addirittura ha quantificato nell'80 per cento dei processi pendenti il numero di quelli interessati dal condono.
      Tale situazione è la conseguenza dell'estensione dell'indulto ai reati commessi, e non solo a quelli decisi con sentenza definitiva, entro il 2 maggio 2006, contrariamente alle opinioni di quanti, come il gruppo dell'Italia dei Valori, avevano chiesto che esso coprisse solo i processi già definiti. La sua estensione, invece, a tutti i reati commessi entro quella data, indipendentemente dalla conclusione dei processi, dà una dimensione ancora maggiore alla sconfitta della giustizia, da una parte

 

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perché le pene irrogate a seguito di processi conclusi sono messe nel nulla da un indulto che copre tre anni di pena detentiva, dall'altra per la necessità di istruire fascicoli per reati compresi nel provvedimento di clemenza.
      Con la presente proposta di legge il gruppo dell'Italia dei Valori, che aveva denunciato questo serio rischio poi avveratosi, ha individuato delle misure per ridurre il danno, rappresentato dalla necessità di porre in essere attività processuali che possono apparire di scarsa utilità, oltre che talora presentare aspetti beffardi. Si pensi all'istruzione di processi in cui gli imputati ostentino la sicurezza che non espieranno alcuna pena e in cui le vittime e i testimoni, a cagione di ciò, saranno certo assai meno motivati a collaborare.
      Appare insufficiente la misura consistente nella rimessione in termini per chiedere l'applicazione della pena su richiesta delle parti. Si tratta di uno strumento che, già oggi scarsamente utilizzato, può presentare una ancora minore appetibilità nel caso di reati con pene coperte da indulto, perché l'imputato, nell'ipotesi più favorevole, spera nella prescrizione, altrimenti è comunque certo del condono. Perciò sembra utopistico pensare che lo stesso imputato, disponendo di un «bonus» di tre anni a futura memoria, possa farsi parte diligente e chiedere il patteggiamento in misura massiccia. In ogni caso, il rimedio non pare idoneo da solo a mettere i giudici nella condizione di trattare prioritariamente gli altri affari riguardanti reati non ricadenti nell'applicazione dell'indulto.
      La presente proposta di legge prevede la formazione di sezioni stralcio cui assegnare gli affari che si trovano nella fase delle indagini preliminari e che riguardano reati per i quali può essere in concreto irrogabile una pena rientrante nei limiti stabiliti dalla citata legge 31 luglio 2006, n. 241, che prevede la concessione di indulto, con un modesto impegno delle risorse di personale, soprattutto giudiziario, affinché il restante personale possa essere quasi esclusivamente impegnato nella trattazione di affari non attinti dal condono. Prevede, altresì, un procedimento semplificato in camera di consiglio, nei diversi stati e gradi del giudizio, con un impulso d'ufficio (per superare l'eventuale inerzia dell'imputato) e con l'applicazione di vantaggi e di limiti stabiliti per il patteggiamento. È previsto che solo l'esplicito dissenso possa precludere il procedimento semplificato previsto nella presente proposta di legge, per ovvie ragioni garantiste.
      Il contestuale ripristino dei previgenti termini di prescrizione, secondo quanto previsto dall'articolo 7 della presente proposta di legge, in luogo di quelli assai più favorevoli introdotti dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, intende costituire disincentivo ad esplicitare il dissenso rispetto alla definizione semplificata del procedimento, atteso che l'imputato non potrà sperare nell'abbreviato decorso della prescrizione.
 

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